Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  domenica 28 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Cina

di Alessandro Gerardi

Dopo, in breve, una guerra civile, la collettivizzazione delle campagne (con annessa biblica carestia), la rivoluzione culturale, l’eliminazione della banda dei quattro, le Cinque modernizzazioni, il massacro di Tien An Men, l’annessione di Hong Kong e l’esplosione neocapitalista (grazie alla quale oggi i cinesi hanno ricominciato ad arricchirsi con la benedizione di 66 milioni di quei nuovi mandarini che sono i membri del partito comunista), oggi Pechino mira al rango di super potenza, unico contraltare possibile agli USA: funzionerà?

Un punto a favore è proprio il comunismo, sotto il cui paravento è possibile trattare i lavoratori peggio che nella Manchester del 1820 senza che alcuno (a differenza dell’India o del Pakistan) si levi a pretendere “clausole sociali” o invochi boicottaggi etici; vi si possono realizzare tutte le perversioni ambientali mentre Green Peace si gira dall’altra parte; insomma c’è la collaudata macchina della repressione comunista al servizio del capitalismo più piratesco e disinvolto e, come sempre, l’omertà delle “coscienze critiche” nostrane.
Tutto ciò, bisogna ammetterlo, è un gran bel vantaggio competitivo, di più, anche il nazionalismo fanatico e lo sciovinismo esasperato di cui i dirigenti cinesi sono così intrisi da far sembrare Le Pen un pacifista internazionalista, è accettato come manifestazione di giusta rivalsa terzomondista contro il modello yankee (eppure non sono, né più né meno, che le argomentazioni degli imperialisti giapponesi anni ’30 ma tant’è) e aiuta nella scalata al rango di super potenza, né mi stupirei se tra qualche lustro i soliti €urogonzi cominciassero ad auspicare la santa alleanza tra €urolandia, la Russia ed il colosso asiatico contro i perfidi nipoti d’Albione.

I contro però non son da poco: una visione del mondo in cui ti raccontano che non sei altro che un’insignificante rotella in un ingranaggio colossale può funzionare se non sai che fuori c’è una società che pone l’uomo quale misura di tutte le cose, quando in qualche modo lo vieni a sapere cominci a pensare.
Ed oggi non è possibile nascondere questi “dettagli”, non perlomeno a quei giovani promettenti che il partito per primo vuole in contatto con i barbari dal naso a punta perché ne apprendano le tecniche.
E poi c'è Internet, non a caso combattuta ferocemente dal governo di Pechino, non molto tempo fa si parlava di decine d’arresti e di 4 morti per torture e percosse tra quanti erano stati scoperti a visitare siti non graditi alle autorità.


Senza contare che negli ultimi tremila anni l’Europa ha cambiato religioni, lingue ed una miriade di filosofie, la Cina no o comunque molto meno.
In Occidente la voglia di libertà individuale ha proceduto di pari passo con la diffusione del benessere, di più: man mano che un ceto raggiungeva un significativo peso economico pretendeva di dire la sua anche nella conduzione dello Stato. In altri termini man mano che aumentava il reddito si assisteva alla metamorfosi da plebe cenciosa, indistinta ed indistinguibile ad individui con nome, cognome, diritti ed aspettative.
Non a Pechino, lì c’è sempre stato un’imprenditoria mercantile abile, spregiudicata ed intraprendente, banchieri forse anche più ricchi dei Medici, dei Flugger e dei Rotschild, ma mai in grado di scalzare il potere dei Mandarini che altro non sono se non una casta di tecnocrati cristallizzata in un'educazione rigidamente letteraria. Un'elite talmente piena della propria superiorità intellettuale da ignorare la realtà se questa non risulta essere conforme ai dettami della propria filosofia, né più né meno di come i burocrati sovietici ricusavano l’evidenza quando questa non fosse stata conforme al verbo marxista-leninista.


Pro e contro che insomma si incarnano in due metropoli, da una parte Shangai dove dal nulla, dalla miseria maoista, si va costruendo un futuro tumultuoso, ricco, sfavillante, pacchiano ed iniquo, dall’altra Hong Kong dove, sostituita l’efficienza, l’onestà, il rispetto dei diritti individuali dell’amministrazione coloniale con la corruzione, il satrapismo ed il nepotismo tipici della Cina eterna, l’economia è entrata in vite ed oggi la Perla dell’Oriente è solo l’ombra di quella che fu quando vi sventolava l’Union Jack.

La conclusione, ovvia, è che per avere successo nel sistema della globalizzazione, per essere una superpotenza, non basta avere un mercato emergente, occorre soprattutto creare una "società emergente". Privatizzare l'economia in un vuoto sociale e governativo non paga: mettere il mercato davanti alla società - come scrive Thomas L. Friedman - è un invito alla catastrofe. Da questo punto di vista l'esempio cinese è piuttosto significativo con il suo mix di comunismo, familismo, militarismo e nazionalismo esasperati, conditi da totale mancanza di etica degli affari.


Comunque gran parte di quelli che oggi si dicono convinti del fatto che la Cina sia destinata a superare gli USA nei prossimi venti anni, fino a l’altro ieri dicevano lo stesso della Russia, eppure oggi l’unica industria russa più forte dell’equivalente americano è quella della prostituzione.


Vada come vada se i cinesi sono pazienti e programmano – insieme alla Russia di Putin - di sfidare gli USA nei prossimi decenni, questi ultimi sono previdenti e vanno stringendo rapporti sempre più stretti con le potenze locali avversarie storiche di Pechino.

Oggi c’è la santa alleanza contro il terrorismo islamico ma l’obiettivo è di più ampio respiro, domani India e repubbliche ex sovietiche potranno essere le ganasce di una tenaglia che avviluppa la Cina in una morsa mortale.